E’ una questione a lungo dibattuta, e non ancora risolta per la mancanza di una campagna di scavi sufficientemente estesa, se lo spazio al di sotto dell’attuale piazza del Comune ospitasse l’antico Foro del Municipio romano, oppure un Santuario di tipo ellenistico a terrazze, sul genere del tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina. Per la natura scoscesa del luogo, l’ampia terrazza era sostenuta a valle da un muro ubicato in corrispondenza dell'attuale via dei Macelli vecchi. Il lato a monte era limitato da un poderoso muro di sostruzione in opera quadrata, alto circa otto metri, posto alle spalle del tempio. Quest’ultimo dominava la piazza dall’alto di una stretta terrazza, collegata da colonne doriche, che ospitava dalle tabernae. Alle estremità erano due fontane monumentali, forse legate ad un culto originario dei Dioscuri, ai quali era dedicata una edicola tetrastila posta al centro della piazza.
Dopo la crisi del Municipio romano, l’area venne devastata nei rovinosi assedi di Totila (545) e di Carlo Magno (773), ricordati dalla cronaca trecentesca da fra’ Elemosina. Con l’abbandono, la piazza si venne colmando di macerie, causa del vistoso innalzamento del piano di calpestio, rimesso in luce nel 1836, a oltre tre metri sotto il piano attuale. Era ingombra di edifici signorili e religiosi, che si affacciavano su uno slargo ricordato nella documentazione medievale come la platea mercati. La piazza riacquistò la sua centralità con la nascita del libero Comune seguita ai moti del 1198, durante i quali furono abbattute le case dei boni homines ivi esistenti. Col trasferimento della sede comunale avvenuta nel 1212, la piazza prese il nome di platea comunis, o platea populi. Nel 1228 si offrì l’occasione per ampliarne i confini verso il monte, a danno dei canalini che l’ingombravano, in coincidenza della canonizzazione di s. Francesco, proclamata nella nuova piazza del Comune alla presenza di Gregorio IX.
La piazza assunse la sua definitiva fisionomia con la costruzione dei palazzi comunali nel lato a valle. Nel 1881 furono abbattute alcune case, che la limitavano nel lato orientale, per creare uno scorrimento carrozzabile più agevole, corrispondente con l’attuale via S. Gabriele dell’Addolorata.
Sulla moderna pavimentazione (1988) sono stati tracciati con lastre di travertino i limiti del muro su cui poggia il tempio, il basamento prospiciente e il tetrastilo.
La piazza del Comune deve la sua unicità al c.d. Tempio di Minerva, uno degli esempi meglio conservati dell’architettura sacra romana, che ha attirato per secoli l’ammirazione dei viaggiatori per la bellezza classica delle forme, soprattutto della fronte. Giotto lo ha reinventato nel primo episodio del ciclo francescano. Palladio lo ha inserito tra i più illustri esempi dell’architettura antica nel suo celebre trattato I quattro libri dell’architettura. Giovanni Antonio Antolini fu il primo a dedicargli in età moderna uno studio storico e filologico. Ma certamente, tra le innumerevoli memorie dei personaggi che lo hanno visitato, la pagina del Viaggio in Italia di Wolfgang Goethe è tra le più vive e appassionate, per la profonda impressione che l’edificio suscitò nello scrittore tedesco, in visita ad Assisi il 26 ottobre 1786.
Testi Gentilmente offerti da: Editrice Minerva Assisi